(Il Castelluccio, Gela. immagine presa dal sito www.typicalsicily.it) |
Prima si andava in campagna ogni domenica. Me le ricordo bene le "arrustute" autunnali all'aria aperta, tra un'altalena sbilenca, un morso al pane caldo, le "cacoccile" fumanti e tante risate. Si mangiava come se fosse l'ultimo pasto prima di una grande carestia di cibo, ci si sporcava non appena scesi dalla macchina e la sera le scarpe erano piene di terra, spine e roba di ogni tipo. Ci si divertiva con poco.
"Mamma, sbuccia l'arancia, come si fa?"
Un odore inconfondibile, quello della campagna la domenica.
Le infinite distese di grano, il manto di un leone che ozia. Il fumo della carne addosso, lo sfrigolìo della brace, i più grandi che ridono a voce alta, si prendono in giro, mentre noi piccoli tentiamo di romperci le ossa in qualche gioco strampalato. Non eravamo alti neanche un metro, forse, e già allungavamo il collo verso le cose, senza escludere nulla.
Le nuvole non erano nuvole, erano persone, animali, orchi, ghiacciai, montagne bianche, e niente poteva convincerci del contrario.
Un tempo non avremmo mai rinunciato alla fantasia.
E neanche alle domenica in campagna.
Ricordo ancora quando, subito dopo pranzo, la mamma e le altre signore impastavano la pizza per la sera. La coprivano con dei panni per lasciarla lievitare e scherzavano sul fatto che la loro pancia, dopo tutto quel cibo, fosse invece già lievitata.
Quindi, esisteva una sorta di rituale pomeridiano, che era un tassello fondamentale delle domeniche in campagna: la passeggiata.
A parte gli anziani che preferivano fare la salsa, si usciva tutti insieme a camminare. Erano passeggiate lunghissime, piene di soste, non esistevano ancora i telefonini e quindi non si facevano molte foto, eppure ricordo perfettamente quei luoghi, il fragore, le corse di noi piccoli per arrivare prima dei grandi.
Capitava, delle volte, che si andasse a casa di alcuni amici dei miei genitori che possedevano una casa nelle campagna oltre le gole del Disueri, a pochi km da Gela.
Dalla casa si vedeva il Castelluccio, una delle torri di guardia costruita in epoca normanno-sveva per vegliare quelle terre dagli attacchi saraceni.
Si erge sulla piana da uno sperone di roccia gessosa, di notte sembra parte del cielo. Durante le passeggiate ci andavamo spesso.
Allora, una volta lì sotto, si giocava alle principesse e ai principi.
Ci avevano già raccontato tempo addietro della bella Castellana che lo aveva abitato secondo i racconti popolari.
Si diceva che, proprio in quella fortezza, si aggirassero strane presenze, difatti i viandanti e i contadini di allora raccontavano di scorgere spesso strane cose, specialmente di notte: figure incosistenti, canti remoti e oscure figure. Avevano tutti paura di quel posto e nessuno voleva andare a lavorare le terre limitrofe. Un giorno i canti smisero di riempire la notte, le figure sparirono e nessuna donna fu più vista al castello.
Giorni dopo alcuni contadini coraggiosi decisero di avvicinarsi per controllare cosa fosse successo e, con loro grande stupore, non trovarono nessuno. Era come se quella fortezza fosse sempre stata disabitata.
Giorni dopo alcuni contadini coraggiosi decisero di avvicinarsi per controllare cosa fosse successo e, con loro grande stupore, non trovarono nessuno. Era come se quella fortezza fosse sempre stata disabitata.
A quanto pare esiste un passaggio sotterraneo che collega la torre di controllo alla città, precisamente alla "Batìa", l'ex Convento dei Benedettini, sito nel centro storico di Gela.
Quando mio padre me lo disse avevo circa sette anni e la mia fantasia era priva di confini. Iniziai quindi a pensare che la castellana e gli esseri che abitavano con lei fossero fuggiti per quel tunnel verso la città. Pensavo che, magari, la castellana si fosse costruita una nuova identità, per sfuggire da qualcosa, e che avesse sposato qualche giovane gelese.
"Magari ha sposato qualche tuo antenato e quindi siamo veramente delle principesse del castello".
Le domeniche in campagna finivano sotto la doccia, dopo aver mangiato l'ultima fetta di pizza rossa rimasta, uno sbadiglio senza pensieri e le scarpe a prendere aria sul davanzale.
Per approfondire la storia del Castelluccio: http://www.gelacittadimare.it/castelluccio.html
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