Cerca nel blog

venerdì 30 marzo 2018

Il Viandante sul Mar



(Sant'Alessio Siculo e la Calabria, Maggio 2017)


Sant'Alessio Siculo. 
Era maggio dell'anno scorso e vivevo lì da pochissime settimane. L'estate in quelle zone iniziò presto, il caldo era così invadente da spingermi a mare ogni giorno, anche solo per un'ora. È un piccolissimo paese sulla costa ionica in cui l'acqua del mare sembra possedere una dimensione extra spaziale ed extratemporale, lontana dai colori che conosciamo e riusciamo a identificare. Mi è piaciuta sin da subito perché ogni giorno potevi percorrerla interamente a piedi, senza usare alcun mezzo. 
I primi giorni di Maggio la spiaggia era semi deserta e nessun impianto balneare occupava la battigia. Era però in funzione un piccolo chioschetto costruito su una sorta di palafitta verniciata di bianco, La Perla Nera. Spesso, mentre mi accingevo a scrivere al PC, seduta ad uno dei tavoli, sgranocchiavo secchielli di patatine e mi isolavo, se possibile, anche da quell'angolo di paradiso.
Il mare sembrava una tovaglia di seta blu.
Sì, i ciottoli  al posto della sabbia erano scomodi, ma dopo qualche giorno avevo trovato un sistema infallibile per sdraiarmi su di essi senza provare fastidiose fitte di dolore alla schiena, é sempre questione di metodo e di abitudine. Il nostro corpo e la nostra mente sono più duttili di quello che pensiamo, alla fine di tutto. 
Decidevo di sdraiarmi in direzione del sole per catturare meglio i suoi raggi e ottenere un abbronzatura impeccabile prima ancora che l'estate fosse ufficializzata. Era tutto così silenzioso e armonioso. Qualche brusio, una nota zoppa da lontano, eppure quello che avvertivo non era altro che il rumore del vento e delle onde. Il frusciare delle pagine.
 Ogni tanto oziavo in compagnia di un libro che leggevo ad alta voce, perché durante il giorno ero spesso sola e non sentire la mia voce per tutto quel tempo mi faceva soffrire. Sono logorroica, ma in quel paesino ho imparato anche ad assaporare il silenzio.
La mattina presto, dal balcone, riuscivo a scorgere perfettamente le curve della Calabria, la sua costa irregolare e le imbarcazioni  sullo stretto. Era un appuntamento piacevole, io e il vecchietto con il cane.
Tutte le mattine, alle 7.30, lo trovavo di spalle con le braccia incrociate sopra il parapetto del lungomare, lo sguardo fisso verso il mare, e il cane sonnecchiante appollaiato al suo fianco. Mi infondeva una certa forma di  rassicurazione trovarlo lì ogni mattina, anche se in quel lembo di Sicilia tutto sembrava rassicurante e piacevolmente lento. Ogni tanto lo trovavo nella stessa posizione anche la sera. Verso il tramonto. Mi chiedevo come mai fissasse con quella insistenza il mare, ma non ci parlai mai. Lo incrociai diverse volte alla pescheria del corso, anche senza il suo fedele cane, ma non sentii mai la sua voce. Mi sorrideva. 
Avevo un'idea tutta mia di quell'uomo e temevo che sentire la sua voce l'avrebbe distrutta. Lo immaginavo come un eroe solitario, un pescatore pieno di malinconia che, però, aveva sperimentato tanta felicità e, per qualche strana ragione, adesso era tormentato da qualcosa di molto triste. Delle volte quest'idea era così convincente che il solo pensiero mi intristiva. 
Ho sempre avuto una fervida immaginazione.
Una mattina, mentre stendevo i panni ai fili del balcone, mi accorsi che stava ancora lì, nonostante le 7.30 fossero passate da un pezzo. Quel giorno il tempo non era stato misericordioso e ci aveva ricordato che sì, eravamo in Sicilia, ma non era ancora estate. Era una di quelle giornate uggiose che tanto detesto, la nebbia era così fitta da coprire il mare e le falesie circostanti. Eppure lui era nella stessa postazione di sempre e probabilmente fissava un punto indefinito davanti a sé. In quel momento mi sembrò il protagonista de " Il Viandante sul Mar di Nebbia", una delle massime espressioni del romanticismo tedesco. Quell'uomo era così solitario e assorto, si stagliava contro il paesaggio di fronte. Non potevo vedere il suo sguardo ma potevo immaginare dove fosse rivolto. Contemplava le cose davanti a sé muovendosi appena, come se fosse scosso, ogni tanto, da uno spasmo di inquietudine o di meraviglia. Non aveva di certo il portamento teso e fiero del Viandante originale, ma mi sembrò addirittura più poetico. Un po' ricurvo, le gambe messe a caso, ma la testa sollevata con fermezza. 
Da allora mi sono sempre domandata se si fosse mai accorto della mia presenza durante tutte quelle mattine e sono giunta alla conclusione che sì, ne fosse cosciente, e non si voltasse per non mettermi in imbarazzo e farmi sentire una stalker.
Quando Ciccio rientrava dal lavoro e mi chiedeva così avessi fatto raccontavo di quell'appuntamento mattutino con una certa punta di entusiasmo. Non so spiegare neanche il perché trovassi interessante quel momento, probabilmente era un normale intramezzo tra le mie vecchie abitudini e quelle nuove, probabilmente perché era una compagnia silenziosa  e costante, oppure perché mi permetteva di fantasticare sulla sua vita senza interrompermi. Forse perché ci soffermiamo spesso a guardare le persone negli occhi ma tralasciamo di guardare dove vanno i loro occhi. Verso dove. Ma soprattutto con chi.
Quando ci siamo trasferiti nella casa nuova sul corso principale, a fine mese, dal balcone non riuscivo più a scorgere il mare e quella piccola abitudine che avevo costruito nei giorni precedenti fu una delle cose di cui avvertii la mancanza. Chissà che fine fanno gli sconosciuti che senza saperlo ci tengono compagnia, chissà se anche noi, qualche volta, siamo stati una compagnia inconsapevole per qualcuno, se abbiamo fatto parte di spezzoni della loro vita, se gli abbiamo permesso di fantasticare sulle nostre vite, su chi siamo. Chissà se ci hanno azzeccato.


(Il Viandante sul Mare di Sant'Alessio Siculo, Maggio 2017)

(Lungomare di Sant'Alessio Siculo, Giugno 2017)


(Sant'Alessio Siculo, Giugno 2017)
(Sant'Alessio Siculo al chiaro di luna, Maggio 2017)


(Il mare di Sant'Alessio Siculo, Maggio 2017)

Nessun commento:

Posta un commento