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(Copertina del libro " Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, 1958) |
"...Cosa vi hanno detto della storia? Che è lineare, che è progresso, che è un continuum dove individuare passato, presente e futuro. Vi hanno detto questo, è scritto in tutti i testi e voi l'avete sempre pensata così. Ma voi siete siciliani, parlate almeno due lingue, una è l'italiano, e si spera che almeno quello lo conosciate bene, e la seconda è probabilmente il siciliano. Adesso, se doveste rispondere alla domanda " Cosa farete domani?" e parlaste in italiano correttamente, voi rispondereste "Domani andremo....o faremo...", insomma usereste il tempo futuro. Adesso ditemi come rispondereste in siciliano."
Un pomeriggio di tanti anni fa il mio professore tenne una lezione alquanto singolare. Eravamo pochissimi e fuori la pioggia travolgeva le strade.
Scarabocchiavo il bordo del mio quaderno senza guardarlo e ogni tanto controllavo l'orario. Altre due ore. Dannazione.
Nessuno rispose e lui ci incalzò con uno sguardo esasperato.
Non vado molto fiera della mia pronuncia siciliana, i miei amici mi prendono costantemente in giro per questo, ma quel giorno ero così annoiata che senza dopo qualche secondo abbozzai una flebile risposta.
"Non ho sentito!" ripeté il prof almeno tre volte.
"Dumani vaiu ddrà."
E ovviamente i poveri superstiti al mio fianco ridacchiarono senza pietà. Vabbè..
"Esatto! Che tempo ha usato?"
Stavo giusto per disegnare un grande roditore ai margini del foglio, quando lui tuonò a tutti polmoni "Il presente! Il presente."
Ventuno anni è troppo presto per avere un infarto, pensai.
Decisi di posare la penna e di ascoltarlo perché non avremmo sicuramente parlato di Hegel e questa era già una cosa rassicurante.
"Pensate alla lingua siciliana...sapreste formulare in siciliano una frase usando il tempo futuro?... Ve lo dico io, no. Non esiste."
Non ci avevo mai pensato a questa cosa.
"... Non siamo forse in grado di parlare del futuro o di immaginarlo? Certamente. Ma è un futuro che si confonde, che non segue la linea, si mescola al presente. Può capitare. Non va troppo lontano, no, come potrebbe? Il tempo storico non è il tempo della natura. Sono due cose totalmente differenti, ma voi non ci avete mai pensato a questa differenza o al fatto che anche tra cento anni questo presente è e sarà già, nel suo avvenire, passato. Il futuro potrebbe essere uguale al vostro passato. Nel frattempo questo edificio sarà cambiato, certamente, le strade avranno qualcosa di diverso, forse sarà tutto diverso. ma questa è la storia, a volte vuota. La sostanza, cari miei, quella non muta. Esiste un tempo ribelle, e multidimensionale, in cui una linea dritta non si curva, ma permette a piccoli filamenti di staccarsi e di creare dei cerchi. Quei cerchi possono attraversare la linea in più punti, più e più volte. Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi"
Uscii da quella lezione veramente confusa. Perché non usiamo il futuro? Perché pensiamo di non averne, o forse, perché siamo padroni del tempo?
La pioggia batteva incessantemente sull'asfalto, dei vecchi giornali si attaccavano ai marciapiedi, si spezzavano sotto il peso dell'acqua, un ticchettio, una distesa di ombrelli e i piedi degli sconosciuti tutt'intorno, eppure sembrava tutto sospeso. Mentre tornavo a casa la via Maqueda era una linea infinita verso i monti. Palermo non mi era mai sembrata così isolata e appannata.
Qualche settimana dopo ero sommersa tra gli scaffali di una nota libreria in cerca di un libro ben preciso.
"Mi ripete il titolo, per favore?" disse da dietro un grosso monitor posato su una specie di leggio.
"A presto, è di Michele Perriera."
"Uhm...guardi non lo abbiamo. Se guarda in quello scaffale lì dovrebbe trovare qualcosa dello stesso autore, ma non quel libro".
Io volevo quel libro a tutti i costi. Il prof lo aveva nominato durante la sua lezione e qualcosa mi diceva che avrei dovuto leggerlo. Perriera era siciliano.
Non so cosa successe esattamente, ma successe. Spulciai ogni angolo dello scaffale, davanti, dietro ogni libro, sopra, sotto, ed ad un certo punto, come nei film, un angolino blu scuro, le pagine ingiallite.
Era ancora prezzato con le lire. Diecimila lire.
Lo estrassi dallo scaffale con una strana sensazione di calore al petto.
"Signorina, l'ho trovato! L'ho trovato!"
"Scusi?"
"Ho trovato quel libro, ma non c'è il prezzo in euro. Lo avete dimenticato forse, guardi, era qui dietro. Lo voglio comprare."
Alla fine lo pagai cinque euro, con una nota di fastidio e disappunto della signorina che non si capacitava di come fosse potuto accadere.
neanche io lo sapevo spiegare.
Cinque giorni dopo chiudevo il libro in silenzio e non sapevo se fosse inquietudine o bellezza.
In quel momento sentii di aver compreso le parole del prof.
La linearità non ammette scambi, è solo progresso. Evoluzione. Esiste il legame, ma è come le rotaie di un treno che non ripercorre mai la stessa strada e non consente ritorni. Si va dritto.
Nel nostro tempo multidimensionale invece il passato non ha una posizione di dominio e di controllo assoluto sul presente, ma è compreso in esso, tanto che il futuro non è altro che l'istante in cui il presente si risveglia e sorride timidamente, non il suo destino.