(Stazione di Gole dell'Alcantara, foto scattata nel Settembre 2011) |
Mentre il treno arrancava sopra i binari, sbuffavo. Mi sembrava avventuroso fuggire in treno, ma dopo due ore e mezza di viaggio, due cambi in stazioni desolate e due pacchi di cracker riversati nel sedile di fianco per via di curve estreme, la mia idea di fuga in treno era stata declassata da "entusiasmante" a "Vorrei non essere così idiota, devo smetterla di guardare film".
Il fatto è che era una calda giornata di metà maggio del 2010 e io ero letteralmente impazzita. Qualcuno mi aveva davvero fatto imbestialire e il mio concetto di romanticismo tormentato aveva bussato ai miei nervi con una certa insistenza, tanto che ero uscita da scuola con un'ora di anticipo e avevo guidato la mia Nissan fino alla stazione parlando con il vocabolario di greco.
"Dove si fanno i biglietti del treno?" avevo chiesto al tizio del bar.
Mi aveva indicato se stesso.
Bene, mi ero detta, anche in Sicilia esistono i treni, allora.
Ero diretta a Palermo, a casa di mia cugina che non sapeva niente del mio arrivo, come del resto nessun altro sulla faccia della terra.
Ve l'ho detto, ho una fervida immaginazione e sono più irrazionale delle pubblicità a tradimento sul web.
Durante il viaggio, all'ennesima chiamata dei miei genitori, decisi di risparmiare loro un infarto.
"Ma dove sei che è pronto?!"
"Sopra il treno."
"Alessandra, DOVE SEI???"
Già la voce di mio padre somigliava più a quella di un giudice che ti sta dicendo che ti darà l'ergastolo, col cavolo che vedi il sole, andrai nella cella più gelida e buia dell'inferno.
"Papà, ho bisogno di staccare."
Se ci penso oggi, rido. Ero veramente convinta di soffrire come un cane ed era tutto realmente come nelle commedie. Ma ero maggiorenne, potevo allontanarmi da casa, mi dicevo.
Mi sentivo come le protagoniste dei miei libri preferiti, eroine del popolo, tragicamente travolte da un destino avverso.
Nel frattempo la Sicilia scorreva al di là dei vetri del vagone, unti di qualcosa. Distese di grano, la campagna deserta... come il treno, del resto.
Al primo cambio di treno ho pensato: vuoi vedere che sbaglio e torno indietro?
Invece una simpatica vecchietta si è avvicinata e mi ha chiesto quando arrivasse la coincidenza.
A me.
Neanche sapevo che esistessero i treni qui.
Stringeva un fazzoletto colorato tra le dita rugose, tossiva in continuazione, ma aveva lo sguardo gentile. Iniziammo a commentare il tempo. Nel marciapiede di fronte dei signori piuttosto avanti con l'età avevano raggruppato qualche sedia di plastica e un tavolino che un tempo doveva essere bianco e giocavano a carte scambiandosi qualche insulto. Briscola in cinque.
-Totò, a 'bbiare u carricu, u capisti? Ciuzzu è u cumpagno, viri cà fari e ioca!"
Quando fummo sopra il treno mi disse che stava andando a trovare suo figlio a Palermo.
"Un bel ragazzo" commentò sorridendo.
Iniziò così ad elencare tutte le prelibatezze che gli avrebbe cucinato nei giorni seguenti.
Iniziò così ad elencare tutte le prelibatezze che gli avrebbe cucinato nei giorni seguenti.
Il controllore ci chiese di mostrare i biglietti con uno sbadiglio allegro. Avvenne tutto con una calma che provai a memorizzare.
Quanto è bella la mia terra.
Nel frattempo io fantasticavo. Il treno andava lentamente, tra gallerie e campagne irrisolte, e riaccendeva in me ogni curiosità per lo spazio circostante. Dall'aereo era sempre stato diverso, perché smettevo di guardare fuori dal finestrino dopo il decollo, come se la cosa non mi riguardasse. Ma sul treno no, mi sembrava che tutto si rivolgesse a me, la mia terra, così stramba e goffa, era come se ne stessimo parlando faccia a faccia, di tutto. Agli argini erbosi delle stradine sembrava che sostasse una parte remota di me stessa che aveva già calpestato quei fiori e conosceva la strada. Quei paesaggi che si ripetevano, l'inconfondibile gobba delle colline e la lentezza delle pale eoliche che spezzavano l'aria e tagliavano il sole, era tutto così lento e irripetibile nella sua sostanza. Al prossimo viaggio la strada sarebbe stata la stessa e il viaggio sarebbe stato diverso.
Oziavo con la fronte contro il sedile, uno strano senso di incontrollato entusiasmo, il fischio, la stazione. Scivolava come una coperta di seta. Ho avvertito caldo e freddo.
I treni non passano solo una volta, sì, è vero, spesso ritardano, ma passano ancora. Il punto è che pur essendo lo stesso treno, il viaggio sarà un altro. Prenderlo il 18 giugno o il 30 agosto cambierà qualcosa: cambieranno i vicini di posto, i passeggeri, il tempo oltre i finestrini, i colori dei campi, tu.
A volte i treni regionali sono troppo affollati e preferirai non salire. Il controllore un giorno sarà un uomo gentile, un altro un uomo scontroso, e anche questo potrebbe cambiare il tuo viaggio. Allora il punto non è prendere il treno giusto, ma prendere il treno al momento giusto.
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