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giovedì 21 giugno 2018

L'uovo di struzzo






(La camapgna a Gela, maggio 2018)







- Papà, papààà! Ma questi uccelli perché non volano?

-Sono troppo pesanti, amore mio, e le ali sono di piuma leggera.-

-Ma se hanno le ali grandissime! Forse la loro mamma non gli ha insegnato a volare o si sono fatti male.-

Avevo sette anni e due struzzi giganti mi scrutavano minacciosamente da dietro una robusta rete metallica. Mio padre aveva da poco comprato degli struzzi per creare una sorta di allevamento. Erano quattro: due femmine e due maschi. Stavano in lunghi e larghi corridoi delimitati da reti altissime e quando correvano sembrava che una grossa moto avesse preso la rincorsa per saltare la collina in fondo. Non erano belli, avevano il collo troppo lungo e il viso troppo piccolo per appartenere a quel corpo così possente. Tuttavia, nutrivo una sorta di simpatia per loro, specialmente quando varcando il cancello li trovavo con il collo piantato nel terreno. Sognavo di salire sul dorso di uno di loro e correre insieme a loro, ma non sapevo ancora che uno struzzo è in grado di sventrare un uomo in pochi minuti e che attaccano anche i leoni.
Per me erano soltanto degli uccelli goffi che si erano scordati il trucco per volare. Mi ero messa in testa che avrei dovuto aiutarli. Così ogni tanto mi piazzavano davanti una delle reti e li incitavo, muovendo le braccia su e giù.

-Dovete fare così!-

Il più delle volte rimanevano a fissarmi inarcando il collo e formando una U sbilenca.

Credevo che fossero stupidi.

- Quando correte, dovete aprire le ali così e poi volate, dai!-

La risposta era trapiantare il collo sottoterra.

Un giorno mio padre tornò a casa con un grosso uovo, grande quanto una televisione da 18 pollici. Era un uovo di struzzo.

Per me, che a quell'età avevo una serie di amici immaginari di diversa natura (elfi, pirati buoni, alieni e animali), quell'uovo rappresentava un'occasione: gli avrei spiegato come volare.

Così lo presi fra le braccia e iniziai a parlarci fino allo sfinimento, così tanto che credo che si suicidò dentro il guscio. Lo tenevo dentro uno zainetto di pezza e per circa due giorni ignorai ogni essere vivente sulla faccia della terra e inizia ad attuare il mio piano.
Una mattina, prima di riportarlo all'allevamento, raccolsi dalla sedia lo zaino con i libri della scuola e inforcai in un braccio lo zainetto di pezza.

Arrivai in classe con un'insolita allegria mattutina e mostrai compiaciuta ai miei compagni di classe il mio nuovo amico.
La maestra non sapeva bene come affrontare quella presenza "ingombrante" in classe. Erano tutti estasiati da "Struzzy".

Credo che temesse la frittata sui banchi di scuola, così mi chiese se potesse tenerlo lei alla cattedra per "poterlo far vedere a tutti".

Non ricordo come, quando, né perché, ma qualche settimana dopo, durante una giornata primaverile soleggiata e calda, tutta la classe, con genitori e maestre, raggiunse l'allevamento con panini e bibite.

Il verde sterminato, il giallo del "lavure" (il grano), gli aranceti, i limoni, ho solo tanti ricordi confusi di quel giorno. Ma io lo so che è stato un giorno felice.
Ho mostrato a quei grandi uccelli che non sapevano volare a tuti i miei compagni, la mamma e il papà di Struzzy (che era già tornato al suo posto), e anche gli altri bambini concordarono con me sul fatto che fosse davvero da scemi avere le ali e non volare.

Allora era difficile comprenderne il perchè, non adesso.

Qualche anno fa ho tenuto un laboratorio d'inglese per bambini, durante un campus. Stavamo facendo un gioco per memorizzare i nomi degli animali,i bambini erano troppi e quindi, oltre agli animali "famosi", avevo dovuto trovarne altri meno noti da affibbiargli. Ad un bambino affidai il compito dello struzzo.

- Ma maestra, io non voglio fare lo struzzo!- protestò mettendo su una smorfia di disgusto.

Risi, immaginavo già questa risposta.

-E perché? Gli struzzi sono gli uccelli più veloci del mondo! Sono alti, forti e possono andare con la testa sottoterra!-

-Sì, ma non volano e sono brutti!- piagnucolò.

Iniziò un dibattito sugli struzzi che andò avanti per tantissimo tempo: alcuni bambini sostenevano che gli struzzi non volassero per prendere in giro gli altri animali, altri che volassero solo di notte, quando tutti dormivano, altri ancora che gli struzzi non volavano perché una strega cattiva aveva fatto loro un incantesimo per punirli perché troppo grandi e pericolosi, finché ad un certo punto Elisa, una bambina molto timida  si arrabbiò con loro e disse che non era vero niente, che gli struzzi sapevano volare.

-... Solo che hanno paura di cadere e farsi male. Si sentono al sicuro per terra, infatti hanno imparato a correre come la luce.-

Non è forse quello che fanno molti di noi?

Rimasi a guardarli per un po' mentre si confrontavano sulle ali degli struzzi.

Alla fine tutti volevano essere un "ostrich", aspettare la notte per volare, sconfiggere la strega cattiva dell'incantesimo e far passare agli struzzi la paura di volare.

C'è sempre un modo per farlo, anche senza ali, a volte basta semplicemente dimenticare cosa sappiamo di una cosa e immaginarla migliore, diversa.

Basta tornare un pò bambini per saper volare senza futili e sciocche paure.



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